Da i Tramonti Rossi ai Tramonti Blu: verita' o bufala?
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Abbiamo visionato di recente le famosissime immagini ritraenti un bellissimo tramonto blu, immortalato dal rover Curiosity durante la sua esplorazione a Gale Crater su Marte. Tuttavia, mentre il pubblico ha guardato con stupita ammirazione il fenomeno alieno e i divulgatori di tutto il mondo si sono lanciati nel consueto tam tam mediatico senza porsi troppe domande, noi del Team di Pianeta Marte.net siamo stati invece colti da ben altro genere di stupore... provocato da una “perla di scienza” che - a dirla tutta - non sta “né in Cielo né in Terra” e tantomeno su Marte. Come è possibile stuprare la Fisica fino a questi livelli? Cercheremo quindi di affrontare l’argomento, entrando nei dettagli tecnici in merito a quello che può verificarsi quando la luce bianca del sole attraversa l’orizzonte di un pianeta dotato di atmosfera...
Benché la luce, per certi aspetti abbia un comportamento anche di tipo corpuscolare, di fatto nei fenomeni ottici si comporta in tutto e per tutto come un fenomeno ondulatorio.
Partendo da questo dato, possiamo già comprendere come un’onda non sia in grado di scavalcare un ostacolo più grande dell’onda stessa. Sappiamo anche che un ostacolo più piccolo di un’onda dovrebbe a sua volta generare delle riflessioni, meglio definite come diffrazioni, dell’onda stessa.
Per approfondimenti tecnici è possibile consultare questi link:
Luce
Diffrazione
La natura elettromagnetica della luce
Luce e Onde Elettromagnetiche
Le Onde Luminose
Queste diffrazioni variano in funzione della medesima lunghezza d’onda, nel senso che le onde con lunghezza più breve vengono diffratte maggiormente delle onde con lunghezze superiori. La luce che noi osserviamo con i nostri occhi varia da 0,4 micron (corrispondente al colore violetto) fino a 0,7 micron (corrispondente al colore rosso). All’interno di questo intervallo abbiamo tutta la gamma di colori presenti nell’arcobaleno. Per definizione un micron è pari a un millesimo di millimetro.
Una delle prime conseguenze di tutto ciò è che le particelle di un gas incolore diffondono più facilmente la luce blu rispetto alla luce rossa, come si evince dal colore blu del cielo limpido visibile sulla Terra.
Questo genere di diffusione è noto come scattering di Rayleigh. Quando invece le particelle oltrepassano per dimensioni la lunghezza d’onda, la luce viene diffusa per riflessione altrimenti noto come scattering di Mie.
Nello scattering di Mie la diffusione dipende dalla natura dei corpuscoli stessi e non dalla lunghezza d’onda della luce incidente, a condizione però che la succitata lunghezza d’onda rimanga al di sotto delle dimensioni del corpuscolo stesso.
Va anche sottolineato che lo scattering di Mie può variare in funzione dell’angolazione osservatore-diffusore-sorgente luminosa. Per comprendere meglio il concetto possiamo rifarci al fenomeno delle fasi lunari. Quando noi osserviamo la luna in prossimità del sole possiamo “vedere” soltanto il lato non illuminato (in pratica non siamo in grado di osservarla) a meno che questa non attraversi il disco solare, come nel caso delle eclissi, producendo un oscuramento. Viceversa, quando la luna si trova dal lato opposto del sole rispetto a noi, si verifica il fenomeno della luna piena, ovvero riusciamo ad osservare l’intero disco lunare completamente illuminato.
Potremmo immaginare la luna come se fosse un gigantesco granello di polvere il quale viene illuminato dal sole.Esso tenderà a creare un effetto di oscuramento qualora lo siosservi in “controluce” mentre sarà visibile man mano che ciallontaniamo in angolo visivo dal sole.
Se noi ci trovassimo all’interno di una nube di polvere perfettamente sferica, noteremo l’effetto oscurante in direzione del sole trasformarsi gradualmente in una luce diffusa (dal colore delle particelle stesse) in direzione antisolare. Se per assurdo un pianeta fosse immerso in questa nube di polvere (tenuta in sospensione mediante qualche oscura forza miracolosa), vedremmo allora un cielo praticamente nero nelle zone adiacenti il sole che sfumerà gradualmente in una luce diffusa dello stesso colore delle polveri fino a raggiungere la massima luminescenza nel punto angolarmente più distante dal sole stesso.
Lo scattering di Rayleigh si sviluppa in tutte le direzioni e, in condizioni di aria limpida, il cielo appare azzurro ovunque guardiamo. Quando il sole giunge all’orizzonte attraversa molti più strati d’aria rispetto a quando si trova allo zenith. Succede quindi che la maggiore quantità di gas attraversata dai raggi luminosi amplifichi l’intensità dei fenomeni ottici. In particolare, lo scattering di Rayleigh diffonde molta più luce blu lasciando passare prevalentemente le frequenze del rosso. La luce così “arrossata” tinge di questo colore tutto ciò che incontra creando il caratteristico effetto del tramonto rosso.
L’eventuale presenza di polveri dovrebbe fungere prevalentemente da filtro smorzatore su tutte le lunghezze d’onda uguali o inferiori alle dimensioni delle particelle di polvere in sospensione, senza aggiungere o togliere nulla alle dominanti cromatiche già presenti. Volendo distinguere i singoli apporti dei due tipi di scattering sulla luce diffusa dal cielo è interessante soffermarsi sulla scomposizione dei tre colori fondamentali rosso-verde-blu (RGB) presenti in una normale fotografia digitale. Infatti, mentre lo scattering di Rayleigh esprime il massimo del suo effetto sulle lunghezze d’onda brevi (e quindi sul blu), lo scattering di Mie tende ad assumere la colorazione delle polveri o degli aerosol che le generano.
Di solito sulla Terra le tempeste di polvere tendono ad assumere una colorazione giallo-arancione e quindi, confrontando la foto del piano blu con il piano rosso, è possibile misurare quanta luce sia stata diffusa singolarmente dai due diversi tipi di scattering. In un certo senso la cosa funziona bene anche su Marte, visto che la colorazione delle polveri marziane appare essere molto simile al colore delle tempeste di sabbia terrestri. Prendendo una normale foto panoramica di Marte e separando i tre colori base RGB ci rendiamo immediatamente conto dell’entità dello scattering di Rayleigh (dovuta ai gas atmosferici) così come dello scattering di Mie causato dalle polveri in sospensione.
Stando al fatto che la colorazione prevalente del cielo marziano sembrerebbe causata principalmente dallo scattering di Mie si può concludere in favore di una massiccia componente di polveri sospese nell’atmosfera. Sappiamo anche però che in direzione del sole lo scattering di Mie produce solo un oscuramento parziale della luce, quindi la luce solare risulterà indebolita dall’effetto dello scattering di Mie, ma “arrossata” dallo scattering di Rayleigh che tende a diffondere il blu lasciando passare la luce rossa pressoché indisturbata.
Distribuzione dell’intensità dello scatteing di Mie in funzione della distanza angolare dalla sorgente luminosa (il sole). Il grafico di sinistra rappresenta la quantità di luce assorbita dalle singole particelle (acromatica), mentre il grafico di destra rappresenta la quantità di luce diffusa e quindi dello stesso colore delle particelle che la provocano.
Oltretutto, con il sole al tramonto, le polveri in sospensione nell’alta atmosfera dovrebbero creare un effetto rosso-arancione nella zona di cielo sovrastante il sole. Perché ciò non dovrebbe verificarsi anche su Marte? Che motivo ci sarebbe al giustificare immagini del sole tendenti all’azzurro? E’ comprensibile il fondo del cielo dominato dallo scattering di Rayleigh e quindi tendenzialmente azzurro, ma l’immagine del sole stesso (comunque ancora sopra l’orizzonte) e delle vallate illuminate da esso non hanno alcun motivo di apparire con una colorazione azzurra, tenendo oltretutto conto che la luce del sole ha una naturale colorazione gialla, infatti il sole è una stella di classificazione “nana gialla con spettro di tipo G2V”.
A riprova di tutto ciò non esistono soltanto le foto scattate sulla Terra, ma anche un certo numero di tramonti marziani ripresi qua e là da diverse missioni al suolo, aventi anche essi una dominante cromatica rosso-arancione. Ribadiamo comunque che, se l’atmosfera fosse limpida, priva di nubi e quindi con tassi ridotti di polveri in sospensione sarebbe normale che il cielo rimanga prevalentemente blu anche al tramonto. Tuttavia, la luce stessa del sole apparirà “arrossata” così come tutto ciò che verrà illuminato direttamente da esso. Ma come possiamo tradurre in qualcosa di comprensibile le nozioni finora esposte? Ebbene, facciamo un salto nel passato...
Immagini ufficiali NASA di Viking 1:
Le immagini di Figura 15 e 16 sono state scattate dalla Viking 1 poco dopo il tramonto, quando il sole era già alcuni gradi sotto l’orizzonte. In base alle conoscenze ufficiali, su Marte la dominante cromatica del cielo diurno sarebbe il giallo-arancione, talvolta rosa pallido mentre al tramonto, quando i raggi solari attraversano una maggior quantità di aria e di polveri (oltre che al ghiaccio di CO2 e d’acqua in sospensione) la dominante dovrebbe in linea teorica accentuare ulteriormente il rosso-arancione, seppur con un leggero rinforzo anche della componente blu. Tuttavia, come dimostrato dal grafico di Figura 11, la luce rossastra diffusa dalle polveri in sospensione dovrebbe distribuirsi in maniera completamente opposta rispetto a quanto mostrato dalle foto dei Viking (in riferimento al canale del rosso), lasciando nella zona del tramonto il tipico bagliore blu. In effetti, ricomponendo la suddetta immagine a partire dai sorgenti originali nei tre colori rosso-verde-blu, la dominante di base risulta essere blu-azzurrina piuttosto che rossa, come mostrato dalle foto di Figura 17 e Figura 18, anche se l’immagine del canale rosso rimane incoerente con la distribuzione angolare dello lo scattering di Mie, probabilmente dalla presenza di polveri in alta quota. E’ sorprendente il fatto che per 35 anni la foto di figura 15 abbia tenuto banco come esempio di tramonto su Marte, salvo poi venire rettificata nella Figura 18 con componenti cromatiche completamente diverse; a cosa può essere attribuibile una differenza così radicale?? Grazie al lavoro di Roel Van Der Hoorn abbiamo potuto ammirare una versione più “white balanced” dei colori del “dopo-tramonto” fotografati da Viking 1. Attraverso la sua elaborazione possiamo dimostrare quanto sia utile verificare piuttosto che fidarsi “religiosamente” e in modo incondizionato. La versione ufficiale NASA infatti appariva quasi esclusivamente rossa, mentre invece nella versione rielaborata nel 2009 da Van Der Hoorn possiamo ammirare un cielo azzurro post-tramonto così come il colore rosso del terreno.
Un altro aspetto importante da sottolineare è il fatto che mentre lo scattering di Rayleigh è direttamente proporzionale alla quantità di gas attraversata dalla luce, lo scattering di Mie oltre una certa massa tende a diminuire. Tutto questo accade perché quando le particelle di polvere superano una certa densità cominciano a “farsi ombra” fra di loro; ciò si traduce in una perdita complessiva della quantità di luce che riesce ad emergere da una nube di polvere tanto per diffusione quanto per trasparenza. (Vedi Figure da 19 a 22)
Figura 19
Restando ancora su contenuti risalenti a precedenti missioni, possiamo concentrarci sulla spiegazione ufficiale proposta nel sito NASA di Pathfinder:
“Questa immagine del tramonto marziano del sol 24 mostra molte più variazioni di colore di quanto mai visto prima. Il colore blu intorno al sole non è causato da nubi di ghiaccio d’acqua, ma dalla stessa polvere marziana. La polvere nell’atmosfera assorbe la luce blu, dando al cielo il suo colore rosso ma anche diffondendo parte della luce blu nell’area intorno al sole a causa della sua dimensione. Il colore blu diventa visibile solo in prossimità dell’alba e del tramonto, quando la luce deve attraversare una maggiore quantità di polvere.”
Per quanto autorevole sia la fonte, resta il fatto che il colore blu può essere generato soltanto dallo scattering di Rayleigh, cioè dai gas atmosferici, mentre il colore rosso prodotto dallo scattering di Mie non può che generarsi oltre una certa distanza angolare dal sole.
Ma se lo scattering di Rayleigh diffonde prevalentemente la luce blu, ciò significa che la restante luce che riesce ad attraversare i gas atmosferici, in direzione dell’osservatore, deve risultare necessariamente arrossata.
Lo scattering di Mie, viceversa, benché produca una luce diffusa prevalentemente del colore delle polveri che la costituiscono, non ha nessuna influenza cromatica sulla luce che vi passa attraverso, salvo che la sua lunghezza d’onda non risulti essere inferiore alle dimensioni delle particelle di polvere.
Tuttavia, visto che le polveri hanno nella maggioranza dei casi dimensioni superiori al micron, tendono a bloccare in parte o totalmente la luce visibile che riesce a filtrare senza di fatto alterarne il colore.
Se un raggio di luce incontra una particella di polvere può solo essere riflesso ma non può attraversarla; così se l’osservatore si trovasse nel cono d’ombra della particella non vedrà il raggio luminoso. Allo stesso modo non verranno illuminate le particelle eventualmente presenti nel cono d’ombra stesso.
Ecco perché neanche le polveri rosse possono far apparire il sole come bluastro! Per concludere, benché possa essere ragionevole la presenza del cielo blu nei dintorni del sole (e non solo al tramonto o all’alba!) è totalmente irragionevole pensare che il sole possa risultare bluastro a partire dalla sua naturale colorazione gialla; nessun fenomeno di scattering è in grado di produrre questo effetto!
M.E.R. Spirit, Images of Sunset:
Prendiamo ora in esame la dichiarazione evidenziata in giallo da Figura 31:
“Questa combinazione di filtri permette la generazione di immagini a falsi colori molto simili a ciò che vedrebbe un occhio umano, ma con dei colori leggermente esagerati. In questa immagine, il bagliore blu nel cielo sopra il sole ci sarebbe visibile se fossimo li, ma un artefatto generato dalla sensibilità infrarossa della PanCam è che con questa combinazione di filtri viene esagerato il rosso del cielo lontano dal punto del tramonto in rapporto ai colori diurni del cielo marziano”.
Come si può notare invece nella nostra elaborazione, abbiamo cercato di ricostruire una situazione cromatica decisamente più naturale e quindi più vicina a ciò che un essere umano vedrebbe se si trovasse in situ. Per raggiungere tale obiettivo ci siamo basati su una serie di parametri noti e altri teorici, e su quanto la Fisica insegna riguardo alla diffusione/trasmissione della luce attraverso polveri e gas. E’ interessante oltretutto il confronto che abbiamo effettuato fra le immagini di Spirit e quelle di Curiosity: a quanto pare è molto probabile che lo stesso tipo di artefatto cromatico sulla sensibilità infrarossa sia presente anche nelle immagini del sol 956 ottenute attraverso la MastCam di Curiosity.
Non Siamo Soli
Tralasciando equivoche allusioni, si è pensato di includere nell’articolo alcune elaborazioni prodotte da utenti di diversa estrazione ideologica (Figure 35, 36 e 37) per dimostrare come vengono percepiti i tramonti marziani. Si comprende piuttosto bene che quel blu ripreso recentemente da Curiosity durante il sol 956 non è mai stato esattamente ciò che l’appassionato medio si sarebbe aspettato. Il più delle volte le elaborazioni prodotte (partendo da immagini originali NASA) consistono in emulazioni basate sulle conoscenze accreditate e, per tale ragione, accettate senza riserbo. È quindi più che comprensibile lo stupore che abbiamo riscontrato nella lettura di molti titoli apparsi sui media. E ancor più inverosimili sono state le spiegazioni addotte per rendere il tutto “potabile” alle fragili menti dei devoti fans dell’esplorazione di Marte, spiegazioni ricalcanti quelle già viste per le precedenti missioni. Sarebbero le sottili polveri “aventi le giuste dimensioni” a rendere possibile la diffusione della luce blu vicino al sole, peraltro in un’atmosfera così rarefatta! Ma la realtà è ben diversa poiché le particelle di polveri inferiori a 0,4 micron, proprio per il fatto di essere così sottili, provocherebbero invece l’effetto di diffusione dello scattering di Rayleigh, lasciando cioè passare il giallo e il rosso vicino al sole!
Curiosity, Sol 170-176:
Nel nostro elaborato abbiamo cercato di tenere conto di come gli effetti combinati fra lo scattering di Rayleigh e lo scattering di Mie giocano un ruolo fondamentale durante il tramonto marziano come anche sulla Terra.
“I colori che vediamo sono dovuti al fatto che le particelle di polvere sono della taglia giusta affinché la luce blu penetri meglio. Quando la luce blu si disperde nella polvere, rimane più vicina alla direzione della luce del Sole rispetto agli altri colori. Il resto del cielo (lontano dalla tempesta di sabbia, ndr) è giallo/arancio, dato che il giallo e il rosso diffondono la luce in tutto il cielo invece di essere assorbiti.” - Dr. Mark Lemmon della Texas A&M University.
Curiosity, Sol 956:
F.A.Q. (Frequent Asked Questions)
Come può uno scienziato di rilevanza internazionale affermare un concetto così inverosimile come quello relativo al tramonto blu?
Le leggi della Fisica valgono per tutti ivi compreso il dr. Lemmon, il cui lavoro noi apprezziamo e rispettiamo ma che, nello specifico, non condividiamo in quanto non coerente con le leggi fisiche conosciute sulla diffusione e trasmissione luminosa.
Ma se la NASA rende pubbliche queste informazioni perché voi le contestate?
La questione è ben diversa... In ambito scientifico è normale tentare di riprodurre (falsificare) un esperimento o quantomeno di analizzare i contenuti di una ricerca per risalire alla veridicità di un risultato. Sempre in ambito scientifico, questa operazione di revisione, è fondamentale alla qualità del progresso scientifico stesso.
Ma non è che per caso siamo ai soliti complotti per nascondere la verità?
Assolutamente no! Il complottismo si basa su dicerie, dati incompleti o addirittura di scarsissima qualità, ed è per lo più basato su supposizioni e congetture. Nel nostro caso invece parliamo di fenomeni fisici applicati a dati di pubblico dominio provenienti da fonti ufficiali. Nelle nostre ricerche inoltre esiste una netta separazione fra ciò che è il “dato scientifico” e ciò che è il frutto di una nostra ipotesi. Si tratta di due metodologie completamente diverse!
Ma le vostre elaborazioni delle immagini quanto sono attendibili e scientificamente valide?
Le nostre elaborazioni sono totalmente prive di valore scientifico e sono puramente dimostrative. Un’immagine ha un valore scientifico solo a patto di conoscerne tutti i dati tecnici che riguardano sia il sensore che l’ottica utilizzata, nonché il tempo di esposizione ed eventuali filtri; nel caso di Marte la NASA non fornisce praticamente mai tutte queste informazioni contemporaneamente, rendendo di fatto impossibile una verifica scientifica seria. Va altresì sottolineato che le stesse immagini NASA hanno subito nel tempo rielaborazioni radicalmente diverse con risultati cromatici spesso contraddittori. Ciò nonostante, abbiamo cercato di applicare le nostre conoscenze di image processing alle nostre conoscenze di Fisica in modo da poter ricostruire qualcosa di verosimile, ovviamente nei limiti delle nostre possibilità.
Ma come potete pretendere di utilizzare dei dati NASA/ESA per smentire questi stessi Enti?
In realtà, come abbiamo già dichiarato sopra, noi incrociamo la documentazione con altra documentazione affine (tenendo conto della Fisica, questa sconosciuta) per “verificare” i dati e le affermazioni scientifiche correlate. Se da questo lavoro emergono delle contraddizioni ovviamente non è da imputare al nostro operato. Semmai richiederebbe un ulteriore lavoro di verifica che invece viene sovente evitato da parecchi “esperti”, i quali ricorrono al jolly del complottismo per mascherare la propria ignoranza. Eppure le nostre affermazioni sono liberamente verificabili da chiunque lo voglia fare, senza pregiudizi ad hominem.
Che interesse avrebbe la NASA/ESA a mentire?
Questo argomento esula totalmente dalle nostre competenze ed interessi personali visto che noi non siamo investigatori e tantomeno teorici del complotto. Siamo appassionati di astrofisica, scienze planetarie ed esobiologia. Di conseguenza siamo spronati alla ricerca e all’approfondimento di tematiche molto specifiche. Nel corso delle nostre esperienze ci siamo più volte imbattuti in pseudo divulgatori armati della pretesa di voler difendere a spada tratta le tesi “ufficiali”. A parte il considerare questo tipo di giornalismo come conservatore e bigotto, troviamo che sia totalmente in antitesi con il vero spirito della ricerca scientifica la quale consiste nell’esplorare e capire ogni fenomeno fisico in maniera aperta e scevra da ogni preconcetto.<