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La superficie Marziana è ostile alla vita...
E’ da qualche giorno che sta girando in rete una ricerca scientifica secondo la quale le condizioni superficiali di Marte sarebbero, per così dire, “auto sterilizzanti” a causa di una forte presenza di perclorati, acqua ossigenata e raggi UV. Siamo tornati indietro di 40 anni!
L’idea di un suolo fortemente ossidante era stata infatti partorita ad hoc subito dopo le missioni Viking, nel tentativo di spiegare il millantato mancato rilevamento di composti organici da parte dei gascromatografi dei due lander
E’ quasi superfluo dire che la presenza di composti organici è stata successivamente rilevata durante la missione MSL Curiosity, così come anche la presenza di metano, tutti argomenti da noi già trattati in articoli precedenti.
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Questo nuovo studio, come dicevamo prima, ci riporta indietro di 40 anni, forse nel tentativo di sostenere l’opportunità di una missione in grado di trivellare a qualche metro di profondità dal suolo.
Per raggiungere tale scopo è evidentemente necessaria la dimostrazione della totale sterilità del suolo marziano. Un altro risvolto interessante consiste nel fatto che una simile condizione della superficie esposta al sole e alle radiazioni ionizzanti aprirebbe senz’altro le porte all’esplorazione umana. Ma è veramente così?
Analizzeremo dunque la ricerca con l’obbiettivo di comprendere se sia stata condotta in modo corretto e se le conclusioni in essa contenute meritano davvero l’interesse che sta suscitando da parte di tutte le grosse testate scientifiche.
http://www.lescienze.it/news/2017/07/10/news/suolo_marte_perclorati_uv_battericida-3593728/
Tratto da "Le Scienze"
"Sotto l'azione dei raggi ultravioletti, i perclorati rilevati nel suolo e nella brina marziani diventano potenti battericidi, la cui azione è ulteriormente potenziata da altre sostanze presenti nel suolo. La superficie del Pianeta Rosso non appare dunque adatta alla sopravvivenza di microrganismi. La superficie di Marte non è adatta a sostenere la vita di microrganismi".
È la conclusione di due astrobiologi dell’Università di Edimburgo, Jennifer Wadsworth e Charles S. Cockell, dopo aver testato la possibilità di vita batterica in un suolo con composizione analoga a quella marziana e in condizioni di irraggiamento UV simili a quelle sulla superficie del Pianeta Rosso. Lo studio è illustrato in su “Scientific Reports”.
Le analisi condotte sulla superficie di Marte dal Phoenix Mars Lander della NASA nel 2008, quelle spettroscopiche realizzate dagli strumenti a bordo della sonda orbitante della NASA Mars Reconnaissance Orbiter nel 2015 hanno rilevato la presenza di perclorati nel suolo e nella brina marziani. Wadsworth e Cockell hanno studiato i potenziali effetti di queste sostanze sulla vitalità di Bacillus subtilis, un batterio che costituisce un contaminante comune delle sonde spaziali.
Gli autori hanno scoperto che quando il perclorato di magnesio, rilevato su Marte, è irraggiato con radiazione ultravioletta a piccola lunghezza d’onda (UVC) a livelli analoghi a quelli che possono essere presenti sulla superficie marziana, diventa un potente battericida. Alle concentrazioni di perclorati simile a quelle nel suolo di Marte, le cellule di B. subtilis vengono uccise nel giro di pochi minuti.
I dati raccolti dagli autori indicano inoltre che due altri componenti della superficie marziana, gli ossidi di ferro e il perossido di idrogeno, agiscono in sinergia con i perclorati, potenziando di dieci volte gli effetti letali dei soli perclorati.
Due recenti studi, osservano Wadsworth e Cockell, avevano suggerito che i perclorati possono essere usati come fonte di energia da alcuni archea, uno dei domini della vita che comprende microrganismi unicellulari, e batteri alofili, cioè adatti a condizioni elevate di salinità. Tuttavia, concludono gli autori, la compresenza di perossidi, ossidi di ferro, perclorati e irraggiamento UV costituisce un micidiale cocktail tossico che tende a escludere la possibilità di forme di vita cellulare sulla superficie di Marte.
Bacillus Subtilis
Dovendo testare la capacità di sopravvivenza di organismi biologici in determinati ambienti, per logica si dovrebbe scegliere un organismo con delle necessità metaboliche il più possibile vicine all’ambiente che si vuole testare. Attenendoci ai dati accreditati, l’atmosfera di Marte è già di per sé 1/100 di quella terrestre; se poi a questo aggiungiamo che l’ossigeno presente è pari allo 0,13% non sbaglieremo di molto nel definirlo un ambiente privo di ossigeno.
Aggiungiamo inoltre che lo scopo dichiarato della ricerca era quello di verificare l’effetto dei perclorati attivati dai raggi UV anche a basse temperature.
A questo punto la scelta dell’organismo da utilizzare per gli esperimenti sarebbe dovuta cadere su un batterio anaerobio e possibilmente in grado di metabolizzare cloro e perclorati vari, come per esempio i batteri della famiglia Dechlorosoma.
Il primo grande errore di questa ricerca consiste invece nell’aver scelto il Bacillus Subtilis, un batterio gram-positivo classificato come aerobio obbligato, ovvero totalmente dipendete dall’ossigeno.
A voler ben guardare, un simile batterio sarebbe totalmente inadatto a sopravvivere in “condizioni marziane” già a prescindere dai raggi UV e dal bagno nei perclorati e nell’acqua ossigenata, elementi che sicuramente non migliorano le sue probabilità di sopravvivenza.
Che senso ha dunque l’uso del bacillus subtilis in questa ricerca? Era praticamente scontato anche senza prove di laboratorio che un simile batterio non sarebbe sopravvissuto a simili esperimenti.
E allora perché farlo? Non sarà forse che l’atmosfera di Marte è ricca di ossigeno molecolare (O2)?
I Raggi Ultravioletti
Nella ricerca, inoltre, sono state utilizzate delle dosi letali di raggi UV, anche queste al di là di ogni necessità sperimentale visto che analoghi studi sono stati già compiuti da altri scienziati, ed è ben noto che l’ambiente marziano può offrire delle nicchie al riparo da queste dosi letali di raggi UV.
L'Acqua Ossigenata
Ma la situazione diventa ancora più comica se, dopo le clamorose dichiarazioni sulla massiccia presenza di acque salate, aggiungiamo al cocktail la “re-entry” dell’acqua ossigenata.
Secondo le stime più recenti la quantità di perossido di idrogeno prodotta dalla foto dissociazione dell’acqua non supera mai le 60 ppb (parti per miliardo), come dire che prendendo una colonna d’aria e condensando tutto il contenuto di acqua ossigenata al suolo otterremo uno straterello di qualche decimo di micron. Infatti, i primi tentativi riusciti di rilevamento spettroscopico hanno dato qualche debole risultato solo a partire dal 2003; PRECEDENTEMENTE NON ERA MAI STATA PRODOTTA NESSUNA PROVA O MISURAZIONE DELL’ESISTENZA DI ACQUA OSSIGENATA SULLA SUPERFICIE MARZIANA.
Va inoltre aggiunto che l’acqua ossigenata alle condizioni marziane dichiarate non sopravvive per un tempo superiore alle 6 ore e che quindi la sua presenza nell’atmosfera è per lo più temporanea. In ogni caso una quantità così esigua non sarebbe neanche sufficiente a giustificare la sparizione repentina del metano, figuriamoci se potrebbe avere un qualche effetto battericida. E’ chiaro quindi che la suddetta ricerca è totalmente inadeguata a stabilire le condizioni di sopravvivenza batterica sulla superficie marziana.
Cosa dobbiamo aspettarci prossimamente? L’acqua minerale gassata?
I Perclorati
Anche la presenza dei perclorati risulta essere poco più di una speculazione scientifica visto che le misurazioni quantitative a tutt’oggi sono state compiute solo in tre luoghi marziani. Di questi, solo in due casi sono stati rilevati con quantità significativamente misurabili (Phoenix e Curiosity), ma sempre in concentrazioni estremamente ridotte. Questa non è di certo la” prova straordinaria” necessaria a dimostrare che l’intero pianeta sia praticamente “inzuppato” di perclorati.
Sappiamo benissimo che anche sulla Terra i deserti più aridi presentano quantità di perclorati paragonabili a quelli misurati su Marte, così come sappiamo che le missioni finora inviate su Marte comprendevano obiettivi volutamente i più aridi possibili e il più possibile inadatti alla vita, mentre invece ci siamo debitamente tenuti alla larga dai luoghi più “umidi” e quindi più favorevoli alla presenza di forme di vita endogena, questo ovviamente per questioni di sicurezza biologica planetaria.
Tale argomento è stato ampiamente discusso anche ultimamente riguardo la possibilità di Curiosity di avvicinarsi a degli RSL per compiere indagini approfondite.
Questa eventualità è stata categoricamente scartata in quanto Curiosity non ha subito le necessarie procedure di sterilizzazione per poter avvicinarsi a luoghi ricchi d’acqua e potenzialmente favorevoli alla vita.
Ma allora, per concludere, cosa prova questa ricerca? Assolutamente nulla! Di conseguenza, “AFFERMAZIONI STRAORDINARIE RICHIEDONO PROVE STRAORDINARIE”